#039 la vecchina dei talenti



ho una mia idea, sui talenti.
sono molte di più le cose che si possono fare del numero di persone al mondo.
e credo che ciascuno di noi possa essere il migliore in una certa cosa.
perlopiù cose inutili:
catalogare palline da ping pong.
unire i puntini immaginari nelle nuvole.
pensare coni rovesciati.

col tempo ho visualizzato un personaggio: una vecchina, fragile, indifesa.
una di quelle vecchine che fanno tenerezza, di quelle che il buoncuore ti porta a favorire, a proteggere, quasi accudire per i pochi metri di strada che la tua maggior velocità ti concede al loro fianco.
è la vecchina dei talenti.
non è mai nello stesso posto. e tutti la incrociano, una volta nella vita.
e lei sa, di ciascuno, quale sia il talento. quale la cosa in cui sarebbe il migliore.
basterebbe chiederglielo, te lo direbbe.
immagino la vecchina nel centro di una città fuori da una vetrina l'undici agosto 2012.
olimpiadi di londra, finale dei duecento metri.
Usain Bolt che vince l'oro, dopo aver vinto i 100. che esulta.
e lei, la vecchina,  che guarda la gara attraverso la vetrina di un negozio.
e che fa no con la testa.
e che sorride.
e scuote la testa.
e io che le chiedo perché stia sorridendo. 
e lei con voce sottile che mi dice tu, mi dice, sei meglio di lui.
io? 
mi guardo. guardo bolt in tv e mi dico che è pazza. 
il mio sguardo dice a lei la stessa cosa perché lei si fa seria, alza una mano e mi indica.
si, dice, tu sai esultare molto meglio di lui.
lei è la vecchina dei talenti.
e per lei l'atto di mangiarsi 200 metri di pista in 19"32 o l'atto di esultare sono semplicemente  due cose diverse: stessa dignità.
me ne torno a casa con la mia medaglia d'oro in esultanza.
ma nessuno lo sa.
tranne la vecchina. ed, ora, voi.
(che poi, a dirla tutta, bolt non è neanche male, ad esultare.)



#038 l'intreccio

ho scoperto che in questo specchio fatto di pixel i colori cambiano.
i tratti si alterano.
i rapporti crescono, alcuni invecchiano, alcuni cambiano densità e temperatura.
in questa incubatrice di istanti,
navigo a vista orientandomi con le stelle.
evito gli scogli ma non sfuggo alle correnti.
ed è un intreccio di fili, di distanze e prossimità che mi vede ai lati,
che si sfilaccia, si stringe, che mi insegue, che sposta la mia forma
sempre in bilico tra l'esser qui e l'altrove.
vibro.



#037 riconosco i giorni

la classe è vasta, più di trecento.
il numero esatto lo conosco. lo sappiamo tutti: trecentosessantacinque.
eppure ho guardato in faccia ciascuno di loro così tante volte che li riconosco, ad uno ad uno.
posso chiamarli per nome, usare confidenza.
ciascuno di loro mi ha portato momenti tali che tutti insieme mi hanno portato qui.
di ciascuno ho un ricordo sepolto, di qualcuno è un ricordo esplicito, condiviso.
di qualcuno, infine, una storia segreta.
molti hanno e avranno ancora molto da dire, ce n'è uno, poi, che ha le chiavi intasca e sa che sarà lui a chiudere la porta e spegnere la luce.
oggi tocca a 18novembre,
è arrivato di notte, come sempre, e ha portato un pacchetto.
lo porta lui, lo ha preparato con cura, il pacchetto.
ma so che non lo ha fatto da solo: è passato di mano in mano, e ciascuno di quelli prima di lui ci ha messo qualcosa.
i primi ha* lavorarci ci hanno messo lo stupore, la bellezza, i colori tutti,
altri ci hanno messo dentro parole faticose e bagnate, lavorando di notte,
in seguito alcuni colori sono evaporati.
poi è rimasto il rosso ed è rimasto il blu, a litigarsi il contenuto.
ma anche del rosso non vi è quasi più traccia.
è chiuso ed è lì sul tavolo. lo guardo e non riesco a fare nulla.
guardo in faccia 18novembre, lui ricambia lo sguardo e come me non sa che fare.
"è questo?" gli chiedo. ma so la risposta. la so già.
"si. dovevo." risponde.
guardo fuori, è grigio. è un tempo muto che sa di sospeso.
guardo meglio la carta con cui è stato confezionato.
è leggera, è blu come l'oceano.
non è grande, ma contiene abissi.
è freddo, leggo dei graffi, unghie di lupo.
posso vedere la traccia di una lacrima.
e la bellezza. la cura. la dolcezza.
"resti un po'?" anche questa volta conosco la risposta. è sempre la stessa.
"fino a domani.".
"grazie, 18, non lasciarmi solo, oggi."
lo guardo bene in faccia e lo riconosco.
un volto uguale a molti altri, da oggi tra quelli che non dimenticherò.
guardo il pacchetto e non so che fare.
"sai 18, mi stavo chiedendo se tua sorella avesse anche lei un pacchetto, stamattina, uscendo."
"si.  era rosso."
vediamo se piove, almeno.

* ebbè. si. vero. almeno lo sappiamo che non mi si legge per l'italiano. scusa mamma che ci hai anche speso soldi. ringrazio MQT per la spietata precisione.