#94 lievi parole.


alla fine accade sempre che qui uno lascia sempre le parole più pesanti, perché la leggerezza non riesce ad aderire a questo schermo, è volatile.
se il mio problema fosse quello di sentirmi completamente rappresentato da quel che scrivo qui sarei almeno in un paio di guai, di quelli grossi grossi.
invece i miei guai sono al più guai di taglia media, ben addestrati e capaci di stare a tavola senza disturbare.
dovreste vedermi girare per certe vie della città con il mio guaio più grande ben tenuto al passo e un altro paio di più piccoli che corrono avanti e indietro, spisciazzando sulle ruote delle auto (che tanto l'urina di guaio non sporca e non persiste, giuro).
a volte ne perdo uno sotto un tram, altre volte un altro si innamora di una tipa che incrocio e lo vedo infilarsi nella metro insieme a lei, pace: avanti il prossimo.

confido nel fatto che chi mi legge riesca anche a sentire che qualcosa di diverso c'é, dietro a queste parole bianche su fondo nero. ma se anche è no, pace: avanti il prossimo.

o forse anzi senza forse è solo e tutta autoindulgenza ben shakerata con l'autoreferenzialità che mi ottunde i sensi fino a farne un composto di autostima da spalmare sui cardini per non farli cigolare almeno la notte.
oggi pioveva di una pioggia che avrebbe potuto essere classificata come la prima pioggia dell'estate, almeno nel posto da cui vi scrivo.
ma io  i post sul  meteo non li capisco poi tanto, forse perché non ne sono capace, di parlare del tempo facendolo sembrare una cosa interessante.
però ho un ricordo che custodisco gelosamente:
vivevo al piano ottavo di nove di un palazzo che era accanto ad un'altro che era di sette, e il tetto del secondo era per me un terrazzo.
era d'estate era caldo e venne un temporale.
uscii a prendermelo in faccia.
grandi gocce calde sul catrame dei cordoli,  mi rimane questo, l'odore del catrame e la camicia zuppa e sotto di me la vista di uno scalo ferroviario.
voleva essere un post più leggero, ma se anche è no, pace: avanti il prossimo.

ho rivisto una persona che non vedevo da anni. l'ho rivista nella sua forma compiuta, bella come la sapevo bella e anzi più vicina a quel che è dentro: madre e compagna.
e se davvero fossi capace di parole leggere, qui, sarebbe di lei che avrei scritto.



#93 fuori dai giorni.

oggi è un giorno non mio.
è come se ci fossero più persone sulla terra di quante un singolo giorno non ne possa fare vivere.
e così, a turno, capita che ci sia un giorno che non è nostro.
non capita quasi mai, forse qualche volta nell'intera vita.
potremmo inventare una leggenda che parla di coloro che sono nati proprio in un giorno che non era il loro, persone che per questo motivo non sono mai veramente nate, persone il cui destino non è mai stato caricato, persone che vivono tutta la vita fuori dalla vita.
c'è chi le riconosce mentre ancora sono in vita, i più le riconoscono dopo, quando se ne vanno:
"era diverso";
"era come se ti ascoltasse senza ascoltarti";
"vedeva le cose da dentro ma ne restava sempre fuori".
e quando le cose accadono accadono agli altri, mentre loro ne sono soltanto sfiorate, nel bene e nel male.
hai mai provato a sentirti sfiorare in piena faccia dall'amore? ti lascia una gran sete e una gran voglia di incendio.

non credo di esserci nato, in un giorno così, io.
oggi però è per me un giorno un po' diverso dagli altri.
è come un'eclissi.
con tutta la luce del sole senza sentirne il calore, come quella volta a Siracusa,
è un po' come restare guancia a guancia senza sentire l'odore della pelle, ma solo il tepore.
e so che invece per qualcuno un giorno come questo è il giorno speciale.
lasciami un po' di torta, presto verrò a prendermela, non appena rientro nei giorni.