#31 sensori di prossimità.


il punto di partenza è sempre lo stesso: questo posto vuoto, immenso e senza odori.
metto a fuoco un puntino, sono io.
atterro, mi rialzo, mi rassetto. accendo il radar. scandaglio.
giro un po', trovo posti, leggo gente, faccio qualche prova, qualche commento.
passo da un posto all'altro, leggo, leggo, leggo, qualcosa alla fine comprendo.
pian piano il quadrante del mio radar si popola di puntini.
bianchi, quelli interessanti,
verdi, quelli divertenti,
poi ci sono quelli rossi.
e per me il rosso è emozione.
scopro il rosso leggendo, scavando, a volte è una sola frase nascosta in un post vecchio di mesi o anni, a volte è una chiamata alle armi per i sensi accesi in quel momento, a volte è un sovrapporsi armonico di note. altre ancora un pugno secco sotto la cintura.
e quando scopri il rosso non puoi farne a meno. devi toccarlo, allungare il pensiero, devi intingere il pennello e provare a scrivere qualcosa.. e scopri che il rosso è contagioso in modo diffusivo, scrivi una cosa e mentre la scrivi ogni colore comincia a virare, in una propagazione che contamina le parole come le intenzioni.
e quando hai scritto e rileggi ti accorgi che da qualche parte, in qualche modo,  il contagio è entrato.
si crea un legame tra te e le tue parole e tra le tue parole e il posto che te le ha strappate dal fondo e fatte affiorare. e, se come spesso è, quel posto è la stanza calma di una persona, si crea un legame con essa.
inevitabilmente.
le parole che si bagnano.
senza necessità di interloquire.
senza parlarsi.
il resto è una scelta.

ma questo non è intimità: non c'è contatto, non c'è promessa, non c'è futuro, non c'è vita da mettere sul piatto, non qui, non per me.
e non è virtuale, visto che non ho posti diversi dal cuore, io. io no. quello che accade accade lì.
la domanda me l'ha posta ella, ma la giro a tutti e azzardo la mia risposta:
la domanda è semplice: che senso ha tutto questo?
tutto questo giro di emozioni, tutto questo cercare parole bagnate, tutto questo scandagliarti dentro, che senso ha se non porterà a nulla? se non è un amore nuovo, se non è un'altra vita, se non è neppure una scopata quella che cerchi qui?

Ero su di un divano all'aria aperta a parlare di regole e di giudici e l'ho vista così:
ho parole nuove tatuate sotto le palpebre. punto la luce. chiudo gli occhi. leggo.
e a volte trascrivo.

ieri ho letto un post. ho chiuso gli occhi, ho visto una cosa, e l'ho scritta per come l'ho vista.
c'era del rosso, in quella polaroid. l'ho lasciato lì, su di una panchina in un parco. e aveva un senso.
prossimità.
il senso che tutto questo ha per me.
impiastricciarmi con le emozioni che l'altrove del mondo disperde in questi posti.
le deiezioni dell'anima, sostanza rossa.

(e voi che siete bravi, fateci letteratura.)






15 commenti:

  1. Io ti dico che, invece, ha senso... se riesci a guardare oltre, a pensare che non è vero che per forza deve rimanere tutto arginato qui...
    Te lo dice una che qui dentro ci ha trovato tanto..... Tanto! TANTO... TUTTO!

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  2. io non ho più voglia di cominciare storie che vadano in profondità.
    incontro gente, intreccio vite, ma tutto resta in superficie. io non faccio entrare più nessuno. chi c'è andato in fondo, bene. ora non c'è più tempo.
    ma.
    ma qui è diverso. qui puoi fare entrare tutti. qui puoi cominciare storie come se avesse un senso.
    io lo faccio.
    e mi piace anche.
    io alcuni li amo proprio, di alcuni non potrei più fare a meno.
    mi strugge il non poterli toccare a volte, guardare negli occhi.
    e niente. è il mio senso. ma mica lo cervavo. lo è, punto.

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    1. parli come se ci fossero due posti diversi.
      guarda le tue mani, le dita sulla tastiera sono forse altre da quelle che hanno accarezzato il mondo, oggi?
      e il centro delle tue emozioni, il tuo posto rosso, è forse diverso da quello che sorride al tuo uomo?
      è questo il nodo, credo.
      a lungo ho difeso l'idea dell'altrove. a lungo ho sigillato accuratamente i confini della penombra e resistito alle infiltrazioni. è il modo che ho creduto di avere per difendermi. è il modo che pare anche tu abbia adottato.
      serve? deve servire? difendersi? no.
      scelgo la mia vita ogni giorno. rifaccio le mie scelte ogni mattina. e così fai tu.
      è questo che ti salva. è questo il punto fermo del mondo che ti ruota addosso.
      e sono/sei consapevole che se così non fosse non basterebbero le barriere fittizie tra un qui e un altrove ad evitare la tempesta.
      lo dico perché so. perché ci sono passato, perché in passato ho assistito impotente allo spettacolo degli argini travolti. ma fu una cosa che cercavo. lo tsunami che ha reso mio il mondo in cui vivo, quello che ancora oggi si sveglia al mio fianco.
      furono i giorni in cui mi tatuai sotto la pelle due parole: consapevolezza, ineluttabilità.
      ci sono due modi possibili di essere qui: il primo è l'attesa di una marea che tutto travolge, ma non è il mio.
      lo è stato, ha funzionato, (come per mafalda, si direbbe.) ma non lo è oggi. non più.
      l'altro:
      oggi da qui passano treni per il cuore, treni diretti ai confini, transiberiane dell'anima, ma non sono i treni dell'esodo, non per me.
      rimuovo l'idea di virtuale. non c'è virtuale. non c'è. c'è un modo diverso di viaggiare. c'è un bagaglio diverso e nemmeno più leggero e c'è un mondo da scoprire più vasto, da esplorare.
      ed è questo il mio senso, il mio modo.

      e anche la profondità non è più un posto da raggiungere, ma semplicemente un luogo da riconoscere: non è dove ti arrivo, è dove ti incontro: è la stanza dentro di me ove risuona il controcanto alla tua canzone. e se mi piace resto, ascolto, la suono con te.
      e a questo punto no, non avrei paura di toccare mani, non avrei paura di guardare occhi, no. diventa tutto e solo rimandato a un quando sarà, se sarà, al gioco delle distanze della vita.
      io non ho paura di questo.

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  3. Ti strugge non poterli toccare, guardare negli occhi
    Beh, se tu che puoi fare in modo che non ti faccia male e "toccarli" veramente e parlargli negli occhi...
    Niente è impossibile!

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    1. hai ragione Mafalda. quel "mi strugge" racconta di un nodo ancora irrisolto, lo è anche per me.
      parlo quindi per me (v. lo farà se crede).
      anche quando si è consapevoli che non c'è alcun bisogno di difendere se stessi con le barriere, resta il fatto che il nostro mondo potrebbe non capire. fraintendere. spaventarsi.

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    2. ho riflettuto ulteriormente su questo punto.
      è quando non permetti alle cose di accadere che possono diventare più grandi di quanto non siano.
      questo sistema di scatole e distanze confina e contiene. e crea pressioni e i gradienti che nulla hanno a che fare con quello che siamo, con i rapporti che avremmo.
      perché alla fine gli odori servono.

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  4. Ci sono cose che, semplicemente, hanno senso in se stesse. Per tutti uguale, per ognuno diverso. Noi stessi, forse, non sappiamo fino in fondo quale sia il nostro, di senso, il nostro motivo. Il perché ci sentiamo spinti a stare, e tornare, e cercare. Forse perché non possiamo salire su una nave, e vedere il mondo, prima di rivedere Itaca. Forse questo, il senso?
    O perché dopo Itaca Ulisse è ripartito per seguir virtute e canoscenza? Non gli bastava Itaca? Se lo sarà chiesto quando ha visto arrivare l'onda?

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    1. per ogni persona con cui ci troviamo a confrontarci esiste una versione di noi differente.
      forse è inutile disquisire su di un modo generale di considerare ciò che avviene qui.
      l'analisi oggettiva mal si fonda sulle persone. parlo con wb ed è una cosa, parlo con mafalda ed è un'altra.
      vero è che da quando ho stretto il nodo su questi temi ci sono state defezioni. ho perso, dolorosamente, interlocutori.
      o forse è vero il contrario: è l'averli persi che mi ha portato a mettere ordine.

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    2. Nella prima frase che scrivi credo ci sia un mondo.
      Niente da aggiungere.

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  5. sono certo che scavando tra i tuoi post troverei più o meno la stessa frase.
    non so se sia lo stesso mondo che vedi qui, forse si, forse è uno stesso grande unico mondo.
    per tutti.

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  6. caro red, anche io ogni tanto sento il sapore artificiale della plastica, nel blogmondo. In realtà questo apre la comunicazione umana ad un multidialogo parallelo, impensabile sino a pochi anni fa. Suibito ci sorprende, ci affascina, l'idea di poter usare mezzi così potenti suggerisce cose stravaganti, ti po quella follia che sto facendo io. Poi però ti accorgi che ci va di mezzo il dialogo uno ad uno, quello occhi negli occhi, originale, che ha reso l'uomo superiore alla bestia. Mi manca, red, mi manca.

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    1. Ci si trova ad inseguirsi nei vari blog, qui come da te e come in tanti altri luoghi. Sono tutti alberi su cui arrampicarsi per cercare nuove prospettive, e ciascuno aggiunge un pezzettino al mosaico. io ritrovo il tu per tu in questo inseguimento tra gli specchi.
      il rischio è quello di perdersi.
      il premio è quello di ritrovarsi.

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  7. Per me il senso è scavare, scavarmi dentro, sentire, a volte sento male, perchè scavo troppo, ma non posso fermarmi.
    il contagio avviene, ma in forma un pò elitaria, è sottile, è selettivo, diventa intimità, specie se si ha la voglia di scavare a fondo insieme e di andare a ritroso per poi tornare avanti..in un tempo che non è, perchè è tutto tondo.

    Tu red mi permetti di scavare, di sentire.
    Tu red hai aggiunto un altro pezzo.
    Hai ragione, non può essere sprecato.

    E tu red sei fra i "pezzi forte" del divano!



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  8. ci vediamo domattina alle cinque. il camioncino che porta alla miniera si muove che è ancora buio. nessuno ha voglia di parlare, tantomeno io, tantomeno tu.
    l'altro giorno ci hanno dato nuove direzioni di scavo, pare ci sia del materiale interessante nel settore b. quello che abbandonammo quasi subito per via della conformazione della roccia. spigolosa, tagliente.
    sono giornate infinite, queste.
    tiriamo avanti sapendo che stasera questo stesso camioncino ci riporterà ad una doccia e al nostro divano. a scambiarci i racconti delle nostre scoperte.

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