#023 voodoo dolls

quello che portiamo qui.
un simulacro di quello che siamo.
una bambola di pezza imbottita di parole piazzata qui nella penombra.
qui dove tutti possono venire. leggere. farsi un'idea. scriverla oppure no. decidere se tornare. e in qualche caso decidere di restare che qualcosa che c'era ancora non si è capito.
e ci mettiamo le parole buone oppure le parole capaci.
e non sempre, anzi quasi mai, le parole buone sono anche parole capaci.
parole per noi e parole per gli altri, trappole per il buon cuore.
e al contempo ci armiamo di spilli e ci aggiriamo nei dintorni, pronti ad infilzare le bamboline altrui con lo scopo di vedere se ne escono parole o se è solo sangue quello che zampilla.
ma anche quando si tratta di parole il sangue può spostarsi, da posti a posti. più o meno belli da considerare.
ogni incrocio è uno scambio. ci sono spilli leggeri e ci sono picche di ferro e legno.
e ogni scambio lascia un segno. con una ferita che si apre e le parole che accorrono a coagularsi attorno al  corpo estraneo. che si organizzano, che si ribellano, o che semplicemente scappano.

e tu che te ne stai lì. credendo di governare eventi che ti passano sotto.
poi tutto si risolve nell'inventario delle distanze. nella conta delle cicatrici.
a bere birra aspettando l'alba, possibilmente non da solo.

2 commenti:

  1. La conta delle cicatrici.

    Ma come è iniziato il tutto? Che strade hai percorso prima che ci incontrassimo?

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  2. non saprei.
    a dire il vero mi pare sempre di essere immobile e sospeso da sempre, con l'universo che mi scorre addosso e sotto.
    l'ultima cosa che ricordo è il furgoncino dei gelati e mia madre.
    ma era inverno.

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